L’ A.Di.Se. – Associazione Italiana Direttori Sportivi ha preso parte alla serata del Golden Boy 2024, tenutasi presso il Museo Nazionale dell’Automobile di Torino. Durante l’evento, che premia i migliori giovani talenti del calcio europeo, è stato intervistato Xavier Jacobelli noto giornalista sportivo italiano. L’intervista ha affrontato temi centrali come il talento, il calciomercato e il ruolo dei direttori sportivi nella scoperta e valorizzazione dei giovani giocatori.
Il Golden Boy è un evento che celebra i giovani talenti. Secondo lei, cos’è il giovane talento e quanto è importante valorizzarlo?
“Ma guardi, intanto io sono particolarmente fiero, avendo avuto l’onore di dirigere per due volte Tuttosport edizione cartacea, di questa manifestazione che dal 2003 premia il talento migliore europeo, ed è una manifestazione la cui giuria evidentemente ha dimostrato molta lungimiranza, perché basta dare un’occhiata all’albo d’oro. Il secondo a vincerlo, per dire, fu Messi e poi tutta una serie di tanti campioni e quest’anno ce n’è un altro che davanti a sé ha un luminoso avvenire. La dimostrazione, per quanto riguarda Yamal, di quanto bisogna sempre di più credere nei talenti, indipendentemente dalla data di nascita. Io credo nel calcio italiano, sulla scorta anche dell’esempio trainante di Gasperini, dell’Atalanta, soprattutto se penso che nelle file della squadra nerazzurra ci sono Carnesecchi, Ruggeri, Zappacosta, si sta affacciando Palestra, giocatori cresciuti nell’Atalanta che è un eldorado incredibile, ma anche altre squadre stanno seguendo questa politica. E non è vero che il nostro calcio non ha i talenti, la verità è che bisogna avere la fortuna di incontrare allenatori che abbiano il coraggio di lanciarli”.
Un direttore sportivo come deve agire per scoprire e sviluppare un talento?
“Noi abbiamo la fortuna nel nostro calcio di avere direttori sportivi che sono la migliore risposta all’algoritmo, che io personalmente detesto, perché un conto è andare a visionare con i propri occhi, magari ripetutamente, un calciatore ma non è soltanto una questione di talento, di bagaglio tecnico. È una questione anche di conoscere, di scoprire, come vive, quale sia la sua famiglia, quali siano i suoi interessi, soprattutto per quanto riguarda i calciatori stranieri che vengono giovani, giovanissimi, a giocare in Italia. Noi abbiamo la fortuna di avere grandi direttori sportivi. Credo che il vostro Presidente (Giuseppe Marotta ndr) sia, come dire il capo scuola e io ho avuto anche la fortuna, nell’arco della mia avventura professionale, di incrociarlo agli albori della sua attività. Ricordo ancora Villa d’Este, quella bellissima sede dell’allora calciomercato, dove già emergeva la sua capacità di visione e gestione. Oggi Marotta è il modello di riferimento per tutti, capace di portare il suo talento in club come la Juventus e l’Inter, con risultati straordinari. Ma tutti i direttori sportivi, penso a Tony D’Amico, penso a Sartori, a Fabiani, che sta facendo cose meravigliose alla guida della Lazio, siano esempi importanti per poter dire che il nostro calcio si sia sempre contraddistinto per la bravura dei direttori sportivi.
E in alcuni casi non è solo e soltanto una questione di capacità di scovare il talento prima della concorrenza. Un direttore sportivo è anche il trait d’union fra la squadra e la società. E questo è un ruolo particolarmente delicato perché ci sono club nei quali il direttore sportivo è chiamato anche ad assolvere queste funzioni”.
Si sta avvicinando la sessione di Calciomercato invernale. Che sessione si aspetta?
“Ma, di solito la sessione di Calciomercato invernale storicamente viene chiamata di riparazione. Non ci sono sempre colpi eclatanti come quelli che si registrano in estate. C’è la possibilità per le squadre in difficoltà di cogliere occasioni che siano allettanti, ma bisogna essere molto bravi”.
Un talento dietro la scrivania: cosa deve fare, quali competenze e qualità deve avere un direttore sportivo o un team manager?
“Secondo me, nel calcio del terzo millennio, anno domini 2024, è fondamentale la conoscenza della capacità di osservare, di andare a scovare i talenti e di essere bravi ad arrivare prima della concorrenza su un determinato calciatore. Le lingue, per evidenti motivi, perché nel calcio globalizzato sono fondamentali ed è impossibile non padroneggiare almeno inglese, francese e spagnolo. E, soprattutto, servono ottimi contatti e un’ottima agenda”.
Ormai è già da diverso tempo che Spalletti è alla guida della nazionale italiana. Qual è il suo bilancio finora?
“Il primo bilancio secondo me è positivo, fermo restando il fatto che il 29 giugno scorso abbiamo patito quella amara, cocente, frustrante delusione dell’eliminazione dell’Italia dalla fase finale dell’Europeo. Però Spalletti ha avuto l’intelligenza di riconoscere i suoi errori, di ripartire e di portare l’Italia ai quarti di finale della Nations League. Questo ha avuto un impatto fondamentale, perché ci ha permesso di godere della posizione di testa di serie nel sorteggio per i Mondiali.
Ora abbiamo un girone abbordabile: non qualificarci sarebbe inconcepibile. Spalletti sta facendo un ottimo lavoro per costruire una squadra competitiva e valorizzare i talenti che abbiamo. Il futuro della nostra nazionale deve essere affrontato con fiducia, perché le potenzialità ci sono tutte”.
La partecipazione dell’A.Di.Se. al Golden Boy 2024 è stata un’occasione importante per riflettere sul futuro del calcio e sulla valorizzazione dei giovani talenti. Un ringraziamento speciale va a Xavier Jacobelli per la disponibilità e cortesia e a Tuttosport per l’organizzazione di un evento che continua a celebrare le eccellenze del calcio europeo.